Amianto svizzero e follia

Sono giorni cupi, tanto per cambiare.

Su di me e quelli della mia tribù, della piccola cerchia dei giacobini cui appartengo, pesa il parere di una corte di giustizia che rasenta la follia.

Non parlo di questioni mie, ma della questione amianto piemontese.


Dopo 43 anni i giudici dicono che il reato si è estinto per prescrizione.

Più di 1800 persone sono morte in tutti questi anni per il fatturato di un’azienda che produceva amianto in Piemonte.

Ora il dato di cronaca, pur sintetizzato malamente come ho fatto, è crudo… crudo e semplice come la follia.


Penso alle generazioni segnate da questa vicenda.

Più di tre generazioni: nonni, padri e figli che hanno avuto distrutta una famiglia, annullati gli affetti, dimenticati i propri morti.

Penso alla follia della prescrizione per reati incommensurabili come questo sterminio di massa.

Penso infine a un paese sterminato da un’unica bomba ambientale che è stata salvata e che lo ha prostrato davanti a tutto il mondo come ‘il paese dove possono accedere queste cose’ senza che i responsabili siano puniti.


Potremmo dire, forse, che è un segno dei tempi.

Ma di quali tempi? Di che tempi stiamo parlando?

Di tempi che non sono misurabili con la cultura di una generazione di depravati ma con più generazioni di figuri che ci fronteggiano spavaldi… ancora oggi certi di farla franca.


C’è un momento nel quale un fatto enorme, smisurato per il cuore di un popolo, cambia la storia di un Paese.

Come gli altri momenti decisivi per la Storia, quel momento è tale perché dimostra - per la gravità dell’atto che viene compiuto - che non c’è più prospettiva.

Che l’ultimo bimbo nato stasera, 20 novembre 2014, dovrà fronteggiare per molti anni ancora prima di un nuovo rinascimento questa ‘epoca di mezzo’ del nostro paese.

Un’epoca nella quale si pensa all’oggi con occhi bagnati perché non si riesce, non si ha più la forza né il coraggio civile di pensare al domani.

Quel Paese, in attesa di un nuovo rinascimento, è senza alcun dubbio un Paese morto.

Da il quotidiano La Stampa

Maurizio



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