Non a tutti lo scrivere è congeniale, ci ricordiamo ad esempio il disagio a scuola dopo la dettatura del tema, di fronte alla pagina bianca da riempire. Non era facile riordinare le idee, dare allo svolgimento un percorso coerente. E soprattutto ricordiamo l’incubo – dopo tanta fatica - di essere andati “fuori tema”, il che significava ricevere un’insufficienza.
Molti, poi, nella loro attività lavorativa hanno riempito pagine e pagine di relazioni, progetti, strategie, corrispondenza varia, tanto che la pagina scritta è venuta a noia.
C’è però un’altra dimensione dello scrivere: quella privata. Intendo riferirmi al diario quotidiano che riporta fatti ed emozioni, alle lettere indirizzate al pen friend come si diceva un tempo, oggi sostituite dalla più sbrigativa mail, a tutto quel materiale insomma rappresentato dall’elaborazione delle nostre fantasie (spesso anche incubi) in racconti, poesie, narrazioni autobiografiche, o anche in semplici appunti e noterelle. E’ un’attività importante, in quanto consente di scaricare e di esplicitare i nostri sentimenti con un'esteriorizzazione che, sedimentando i fatti ed i ricordi, ci permette di vedere i nostri punti critici con pacatezza e serenità, quasi dall’alto, con distacco. Il ricorso alla scrittura manuale è più frequente di quanto comunemente si pensi in tempi di notebook; ne è prova il successo dei taccuini “Moleskine”, molto élitari nella loro raffinata confezione grafica che vuole sottolineare l’esclusività dei pensieri raccolti. Preziosi appunti che ci portiamo appresso e che rileggiamo con reverenza.
Se poi si è più comodi con la scrittura elettronica e si riesce a fare il salto tecnologico, tanto meglio: con la videoscrittura il pensiero viene registrato in modo più immediato, pur perdendosi la bellezza del foglio manoscritto, con le sue correzioni e revisioni che aiutano a capire tutti i passaggi del nostro pensiero.
La scrittura è stata definita una “terapia” e certamente può rappresentare una cura ed un rimedio soprattutto per fatti traumatici, quali un lutto, la perdita del lavoro, una rottura sentimentale.
Non è certo un’attività di scavo psicologico - esso presupporrebbe il sostegno di un terapeuta-, ma resta pur sempre un fatto riparativo, che ci può essere di aiuto per il controllo delle nostre emozioni.
Non necessariamente, poi, la scrittura deve essere legata ad un fatto traumatico, ma può essere connessa all’esplicitazione di uno stato d’animo, di un umore, di una sensazione. Tante volte si è colpiti da un fatto che ci suscita interesse o commozione: un arcobaleno, una giornata di sole, il pianto od il riso di un bimbo. Proviamo allora a descrivere queste sensazioni in modo che rimanga traccia del momento trascorso. Le nostre parole non aspirano ad avere dignità letteraria (anche se non ne escludiamo la possibilità), in quanto la “poesia” è ben altra cosa, ma il nostro sfogo personale è pur sempre l’apertura ad un dialogo interiore che può tornarci utile. La scrittura deve essere l’alternativa allo schizzo dell’artista che ferma il ricordo e l’emotività dell’immagine ed ha ben altro spessore rispetto agli scatti fotografici, il più delle volte senza significato, con i quali riempiamo i nostri smartphones e rigiriamo nei social networks, immagini magari belle per gli occhi, ma non sempre appaganti per il cuore.
Ettore
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