CAMERA DELLA RABBIA

Quando ho letto della camera della rabbia mi è comparso sul viso un sorriso discreto, di quelli che le gente non nota.
Ho pensato un sacco di cose in un istante e la sintesi, mi spiace dirlo, ma è stata il solito “ma comune mezzo gaudio”.
Confesso non sono riuscito a fare a meno di sentirmi felice di far parte di un gruppo tanto nutrito da sviluppare una nuova categoria di consumatore.
Subito dopo il sorriso, meno male, è comparsa una più sana preoccupazione per  le dimensioni della popolazione degli arrabbiati.
Ho pensato ai volti della rabbia, mille e mille; alle maschere che si indossano per dissimularla e ai “buchi nella rete”... gli attimi nei quali scatta fuori.
Dove siamo in quegli momenti? Potremmo essere vittima della rabbia altrui … o causare noi delle vittime … Insomma non si scherza.
Così sempre pensando al popolo degli arrabbiati, quelli che sul tram si guardano intorno come a dire “ma come vi siete conciati tutti?!?”...quelli che si guardano indietro e a guardare com’erano e come sono ora si incazzano tutti da soli, seguendo questi pensieri mi sono messo a gugolare.
Facebook mi ha dato una mano una volta tanto...caso più unico che raro … e poi Youtube.
Una telecamera, grandangolo, solita atmosfera “rubata” dei video a bassa, un uomo col casco entra dentro una piccola camera arredata e si mette a picchiare con una mazza.
Spacca tutto … con precisione quasi chirurgica, poi ancora un po’ tramortito si calma, si guarda intorno ed esce sparendo dalla visuale della telecamera.

 

Mi è venuto in mente questa impellenza dello sfogo, questa urgenza a distruggere.
Togliere dalla visuale, annichilire, rendere inutili.
Davvero strano che distruggere possa rilassare.
Se poi mi metto a riflettere sul fatto che l’atto del distruggere sia legato alla produzione di un reddito, che in parte spendi per frequentare la camera della rabbia … allora mi viene da riassumere l’atto distruttivo come un momento nel quale ogni arrabbiato torna padrone della situazione, proprietario dell’ambiente che ha intorno al punto da poter decidere di distruggerlo.

 

Penso alle tonnellate di frustrazioni che la popolazione degli arrabbiati matura quotidianamente, tonnellate che caricano una molla che arma la mano che devasta il locale.

 

Rimuovere temporaneamente, riequilibrare, far andare in pareggio il bilancio non avendo la possibilità di parlare, avendo disinteresse o non avendo l’educazione alla discussione, al colloquio.
Togliersi una piccola soddisfazione che ti libera momentaneamente dai legacci che hanno imbrigliato la tua esistenza.
Fin qui tutto negativo mi viene da dire...tutto un palliativo che non stimola certo la qualità delle nostre relazioni con coloro che accompagnano la nostra vita.
Poi, però, penso che bisognerebbe provare.
Forse, tutto sudato, con il casco ancora indosso, la maglia appiccicata di mille schegge di mobili in truciolare, la mazza che mulina ancora in aria mi verrebbero altre idee.
Tipo: ma guarda un po’ cosa mi tocca fare per sentirmi meglio...non sarebbe più giusto parlare a chi di dovere perchè capisca che ce l’ho con lui e a ragione?
Oppure: sto proprio meglio ora...ho capito come si sta quando non si è in tensione, voglio continuare a vivere così quindi da oggi in poi mi faccio le mie ragioni prima di menare la mazza.
Clienti occasionali, direbbe Cristian, l’inventore in Italia a Forlì, della camera della rabbia.
Quelli abituali sono coloro che non gli va di perdere l’appuntamento, quelli per i quali lo sfogo è già quanto basta...e grasso che cola! Ce ne fossero di camere della rabbia. Quelli che non riescono a far altro e, tutto sommato dicono, non si fa male a nessuno.
Alla fine penso...bisognerebbe provarla...o...chissà se Cristian ci fa intervistare qualche suo cliente.

 

Per ora (prima puntata) abbiamo intervistato proprio lui, chiudiamo quindi con la breve ma succulenta intervista a Cristian Castagnoli.

 

Maurizio: quando nasce la camera della rabbia e da cosa.
Cristian: L’idea nasce circa un anno fa. Leggendo il giornale sul web ho visto che ne era stata aperta una in Serbia. Dopo circa sette mesi sono riuscito ad aprirla anche io a Forlì con grande soddisfazione.

 

M: Come funziona: il progetto della camera è stato fatto da un tecnico?
C: Il progetto nasce da me, dalle mie conoscenze e dall’uso del buon senso, a partire dal materiale della camera, ai graffiti che ho fatto fare da un artista, le protezioni personali e, infine, le tre mazze usate per la distruzione (una da baseball, una in ferro da tre chili e mezzo e una, sempre in ferro, da cinque chili e mezzo).

 

M: Come viene reperito l’arredo da distruggere e che fine fa?
C: Reperisco il 20% del materiale da distruggere da venditori di mobili usati, l’80% alla caritas (facendo anche una buona azione). Divido il legno dagli altri materiali in appositi container e una ditta specializzata si occupa del suo smaltimento.

 

M: Esiste una tipologia di utente o sono varie e, in questo caso, hai operato una classificazione di qualche genere?
C: La mia clientela ha un'età compresa tra i 18-50 anni e per il momento le donne sono il leggera maggioranza rispetto agli uomini.

 

M: Pensi che la tua azienda sia un’impresa sociale?
c: Penso e spero di essere di aiuto, la prossima settimana dovrei avere il primo cliente assistito da uno psichiatra … sembra che abbia una leggera difficoltà a gestire la rabbia. Poi da me, alla camera della rabbia, ci si diverte tantissimo soprattutto se si e' in compagnia.

 

M: Sei sostenuto economicamente dall’amministrazione pubblica?
C: No al momento non sono sostenuto da nessuno anche perché non ho fatto nessuna domanda, per adesso.

 

M: Il tuo lavoro è supportato da un team che si occupa di malessere mentale?
C: No al momento svolgo il lavoro da solo.

 

M: Gli utenti della camera tornano o si “calmano” dopo una seduta?

C: Tornano, spesso accompagnati da amici o compagni/e, e quando escono della camera dopo la distruzione sono esausti, felici e rilassati …un commento comune: fantastico che spettacolo ... ti senti un'altra persona!

Anna Luchetta 28 OTTOBRE 2013

Quando ho letto della camera della rabbia mi è comparso sul viso un sorriso discreto, di quelli che le gente non nota.
Ho pensato un sacco di cose in un istante e la sintesi, mi spiace dirlo, ma è stata il solito “ma comune mezzo gaudio”.
Confesso non sono riuscito a fare a meno di sentirmi felice di far parte di un gruppo tanto nutrito da sviluppare una nuova categoria di consumatore.
Subito dopo il sorriso, meno male, è comparsa una più sana preoccupazione per  le dimensioni della popolazione degli arrabbiati.
Ho pensato ai volti della rabbia, mille e mille; alle maschere che si indossano per dissimularla e ai “buchi nella rete”... gli attimi nei quali scatta fuori.
Dove siamo in quegli momenti? Potremmo essere vittima della rabbia altrui … o causare noi delle vittime … Insomma non si scherza.
Così sempre pensando al popolo degli arrabbiati, quelli che sul tram si guardano intorno come a dire “ma come vi siete conciati tutti?!?”...quelli che si guardano indietro e a guardare com’erano e come sono ora si incazzano tutti da soli, seguendo questi pensieri mi sono messo a gugolare.
Facebook mi ha dato una mano una volta tanto...caso più unico che raro … e poi Youtube.
Una telecamera, grandangolo, solita atmosfera “rubata” dei video a bassa, un uomo col casco entra dentro una piccola camera arredata e si mette a picchiare con una mazza.
Spacca tutto … con precisione quasi chirurgica, poi ancora un po’ tramortito si calma, si guarda intorno ed esce sparendo dalla visuale della telecamera.

 

Mi è venuto in mente questa impellenza dello sfogo, questa urgenza a distruggere.
Togliere dalla visuale, annichilire, rendere inutili.
Davvero strano che distruggere possa rilassare.
Se poi mi metto a riflettere sul fatto che l’atto del distruggere sia legato alla produzione di un reddito, che in parte spendi per frequentare la camera della rabbia … allora mi viene da riassumere l’atto distruttivo come un momento nel quale ogni arrabbiato torna padrone della situazione, proprietario dell’ambiente che ha intorno al punto da poter decidere di distruggerlo.

 

Penso alle tonnellate di frustrazioni che la popolazione degli arrabbiati matura quotidianamente, tonnellate che caricano una molla che arma la mano che devasta il locale.

 

Rimuovere temporaneamente, riequilibrare, far andare in pareggio il bilancio non avendo la possibilità di parlare, avendo disinteresse o non avendo l’educazione alla discussione, al colloquio.
Togliersi una piccola soddisfazione che ti libera momentaneamente dai legacci che hanno imbrigliato la tua esistenza.
Fin qui tutto negativo mi viene da dire...tutto un palliativo che non stimola certo la qualità delle nostre relazioni con coloro che accompagnano la nostra vita.
Poi, però, penso che bisognerebbe provare.
Forse, tutto sudato, con il casco ancora indosso, la maglia appiccicata di mille schegge di mobili in truciolare, la mazza che mulina ancora in aria mi verrebbero altre idee.
Tipo: ma guarda un po’ cosa mi tocca fare per sentirmi meglio...non sarebbe più giusto parlare a chi di dovere perchè capisca che ce l’ho con lui e a ragione?
Oppure: sto proprio meglio ora...ho capito come si sta quando non si è in tensione, voglio continuare a vivere così quindi da oggi in poi mi faccio le mie ragioni prima di menare la mazza.
Clienti occasionali, direbbe Cristian, l’inventore in Italia a Forlì, della camera della rabbia.
Quelli abituali sono coloro che non gli va di perdere l’appuntamento, quelli per i quali lo sfogo è già quanto basta...e grasso che cola! Ce ne fossero di camere della rabbia. Quelli che non riescono a far altro e, tutto sommato dicono, non si fa male a nessuno.
Alla fine penso...bisognerebbe provarla...o...chissà se Cristian ci fa intervistare qualche suo cliente.

 

Per ora (prima puntata) abbiamo intervistato proprio lui, chiudiamo quindi con la breve ma succulenta intervista a Cristian Castagnoli.

 

Maurizio: quando nasce la camera della rabbia e da cosa.
Cristian: L’idea nasce circa un anno fa. Leggendo il giornale sul web ho visto che ne era stata aperta una in Serbia. Dopo circa sette mesi sono riuscito ad aprirla anche io a Forlì con grande soddisfazione.

 

M: Come funziona: il progetto della camera è stato fatto da un tecnico?
C: Il progetto nasce da me, dalle mie conoscenze e dall’uso del buon senso, a partire dal materiale della camera, ai graffiti che ho fatto fare da un artista, le protezioni personali e, infine, le tre mazze usate per la distruzione (una da baseball, una in ferro da tre chili e mezzo e una, sempre in ferro, da cinque chili e mezzo).

 

M: Come viene reperito l’arredo da distruggere e che fine fa?
C: Reperisco il 20% del materiale da distruggere da venditori di mobili usati, l’80% alla caritas (facendo anche una buona azione). Divido il legno dagli altri materiali in appositi container e una ditta specializzata si occupa del suo smaltimento.

 

M: Esiste una tipologia di utente o sono varie e, in questo caso, hai operato una classificazione di qualche genere?
C: La mia clientela ha un'età compresa tra i 18-50 anni e per il momento le donne sono il leggera maggioranza rispetto agli uomini.

 

M: Pensi che la tua azienda sia un’impresa sociale?
c: Penso e spero di essere di aiuto, la prossima settimana dovrei avere il primo cliente assistito da uno psichiatra … sembra che abbia una leggera difficoltà a gestire la rabbia. Poi da me, alla camera della rabbia, ci si diverte tantissimo soprattutto se si e' in compagnia.

 

M: Sei sostenuto economicamente dall’amministrazione pubblica?
C: No al momento non sono sostenuto da nessuno anche perché non ho fatto nessuna domanda, per adesso.

 

M: Il tuo lavoro è supportato da un team che si occupa di malessere mentale?
C: No al momento svolgo il lavoro da solo.

 

M: Gli utenti della camera tornano o si “calmano” dopo una seduta?

C: Tornano, spesso accompagnati da amici o compagni/e, e quando escono della camera dopo la distruzione sono esausti, felici e rilassati …un commento comune: fantastico che spettacolo ... ti senti un'altra persona!

Anna Luchetta 28 OTTOBRE 2013

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